
Periferia di Milano, alle porte del Gratosoglio, trent’anni fa qui il Salone ospitò i grandi del teatro, da Kantor a Grotowskij. Anni in cui la gente si riversava nelle periferie per vedere il Teatro, con la T maiuscola, anni in cui si scavalcavano i cancelli per avere un posto in platea.
Nel corso di questa stagione quell’atmosfera di ‘festa’ e, in un certo senso, di ‘comunità’ si è ricreata in occasione della messinscena de Il festino di Emma Dante. Lunghe file al botteghino, liste d’attesa, posti aggiunti sottoforma di cuscini che invadono il proscenio, tutto esaurito per tutte le sere di spettacolo.
Con Il festino si è chiusa al CRT la rassegna dedicata agli spettacoli di Emma Dante. Mishelle di Sant’Oliva, Carnezzeria, La Scimia, Mpalermu, Vita Mia, questi i titoli degli spettacoli che dal 20 Novembre al 6 dicembre hanno fatto registrare il tutto esaurito al botteghino del Teatro dell’Arte. Il festino, monologo tragico-brillante interpretato da un preparatissimo Gaetano Bruno e che potrebbe essere definito ‘piccolo dramma festaiolo per uomo e scope’, parla di una storia semplice quanto profonda. Un padre che da anni se n’è andato e che vuole tornare per prendersi la pensione d’invalidità del figlio. Due fratelli, identici, gemelli, Paride e Jacopo, “uno più aggrippato dell’altro, uno cretino e l’altro handicappato”, vivono in simbiosi. Uno mangia e l’altro si sazia, uno dorme e l’altro sogna. Fanno scherzi scambiandosi i nomi riuscendo ad imbrogliare tutti, tranne la mamma che punisce solo Paride, costringendolo a chiudersi nello sgabuzzino, al buio, in compagnia delle scope. Paride vuole insegnare a Jacopo a camminare “perché tutti i cristiani stanno in piedi”, e allora se lo prende in braccio e gli insegna il ritmo, sinistradestrasinistradestra…poi Jacopo cade, e muore. Allora Paride si crea un mondo tutto suo, nello sgabuzzino, con le scope. E’ il giorno del suo trentanovesimo compleanno, lucine azzurre a intermittenza illuminano una sorta di altare un po’ pacchiano: da un enorme pacco rosso che fa da tabernacolo Paride estrae sei scope colorate. Tutto è pronto, il festino può iniziare. Paride dopo una danza sfrenata con Sammi, Guendalina e le altre è pronto per la torta al ketchup, ma prima la magia…talitakum…e le scope stanno in piedi da sole…
Con questo spettacolo la Dante non perde l’interesse per i drammi familiari, e forse si avvicina in maniera più intima alla drammaticità dei fatti. La regista ricrea perfettamente quell’oblio di solitudine e pazzia in cui Paride si rifugia, permettendo al pubblico di entrare in punta di piedi in quello sgabuzzino buio per ammirare Paride che con un talitakum fa la magia delle scope. La gente in sala fatica a uscire da quello sgabuzzino, vorrebbe continuare la festa, e lo dimostra con applausi infiniti.
Nessun commento:
Posta un commento