mercoledì 5 marzo 2008

Dal Carrum Navalis alla Nave dei Folli. Alle origini rituali del carnevale

di Roberto Caielli

Il famoso racconto manzoniano della peste è lucido esempio del significato della relazione rituale fra teatro e sacro, simboli di vita e di morte, complice il carnevale. E anche nell’intreccio dei Promessi Sposi, il cui dramma centrale è l’amore ostacolato di Renzo e Lucia, la peste, insieme agli altri macro-motivi di crisi, ovvero la carestia e la guerra, serve da propulsione allo svolgimento dell’azione, è crisi sacrificale la cui espiazione equivale all’aver colto da parte del Manzoni le cause ultime della storia. L’episodio dei monatti ha più volte denunciato analogie coi protagonisti dello spettacolo medievale, ovvero il Carnevale, momento festivo di origine rituale della performance, e i giullari, primari veicoli di estensione e divulgazione di tale materiale performativo. Uno studio più approfondito delle loro origini primitive giustifica l’allusione insistita ai monatti e agli apparitori dei Promessi Sposi: da quest’ultimi e dalle loro qualità liminali inerenti al rapporto fra vivi e morti è convenuto prendere le mosse per provare a risalire a ritroso all’origine di tali dinamiche. Nel già citato volume “Le origini del teatro italiano”, P. Toschi pone le premesse riccamente documentate per una interpretazione simbolica del Carnevale. Il Toschi, dopo aver provato esaurientemente che nel Carnevale “...cioè in quella che per secoli è stata in Italia la principale festa di Capodanno, è da riconoscere la culla della nostra commedia” ricorrendo a testimonianze etnografiche e letterarie disparate e abbondanti, lascia insinuare nel quadro diligentemente tracciato dalla prospettiva etnologica il dubbio, il locum dove il cerchio non si chiude:

Tanto più difficile ci riesce, comunque, riconoscere nelle maschere italiane gli elementi che risalgono specificamente alle anime dei morti. Ma tali elementi esistono.

Il dubbio di Toschi si trasforma in proposta d’interpretazione affascinante e in intuizione ermeneutica. Rinviando alle “Origini del teatro italiano” per le notizie e le documentazioni generali riguardo al Carnevale, proviamo ad assumere quelle informazioni utili a sondare l’ apparentemente insondabile rapporto tra le maschere e le anime dei morti incominciando dal più generico rapporto fra morte e Carnevale.

In un passo dell’introduzione alla Nave dei folli di Brant, F. Saba Sardi prova a sintetizzare il contenuto di tale analogia senza ricorrere alle categorie socio-antropologiche della liminalità e dei riti di passaggio, ma proponendo una serie di spunti interessanti:

...i carnevali medievali erano macabri: sui veicoli si esibivano, mascherati da morte, i fools, e i carri stessi erano decorati di rappresentazioni della morte. Il festum fatuorum...era un accostamento al disordine, un viaggio ctonio compiuto tramite deiezioni, cose morte, putrefatte, orgia cioè con-fusione: in-famia, vale a dire l’indicibile, l’impronunciabile, il metaforizzabile per eccellenza, fonte di ogni rivelazione e di ogni tabù...E’ forse noto che l’attuale termine carnevale ha una doppia origine: carrus navalis e carnem levare; ma la prima è sicuramente più antica, la seconda è una sovrapposizione, una razionalizzazione, in quanto il carnevale “leva”, si, la carne dal momento che precede la quaresima, ma lo fa soltanto a partire dall’XI-XII sec. in Italia, quando la Chiesa riesce a sovrapporre le proprie alle costumanze pagane di cui di cui fino a quel momento ha dovuto farsi interprete e traduttrice.

L’idea iniziale è data dall’etimologia originaria fornita dal passo citato, ovvero Carnevale da Carrum Navalis, con riferimento a tutta la vasta mitologia che utilizza la nave e il carro come simboli di morte, dall’evidente funzione di indicare il trasporto delle anime dei morti nell’aldilà. In particolare, il viaggio per acqua è raccontato nei miti antichi d’origine disparata, ma ancora oggi l’idea persiste nei resoconti degli anziani pescatori rimasti in qualche lago del nord Italia, per i quali, come ha notato il Lanternari, è usuale l’attinenza fra “l’altra sponda” e l’aldilà. Il viaggio carnevalesco di tradizione iconografica e letteraria rinascimentale, ma di dimostrata origine medievale, della nave dei folli, per esempio, è di fatto un viaggio di morti: folle deriva da follia, mantice, dunque tutto ciò che pieno di vento, vacuo. Matto “dal tardo latino matus, ebbro, affine al greco màte, cosa vana, vuota, al sicano mattabus, mogio, al provenzale mat, triste, abbattuto, al mat francese...al catalano mat...allo spagnolo - portoghese mate, al rumeno ametì, stordire.”. Nel gioco delle etimologie il richiamo al mondo dei morti è ,nei termini che designano la follia, come nella parola Carnevale, evidente. Ma l’etimologia in sè, come nota lo stesso Saba Sardi, non ha a che fare con l’archeologia, quanto piuttosto con la poesia. Benchè proprio per questo essa sia testimone di qualche verità nascosta, ci pare però un limite fidarsi “isidorianamente” dell’etimo per ricamarvi magari barocche congetture: il nome accenna piuttosto ad una indicativa traccia, una possibile via da seguire, ma non è da sola sufficiente per una esauriente interpretazione del fenomeno che il nome rappresenta. Nel nostro caso, l’etimologia di Carnevale proposta converge l’attenzione sul modello rituale fondamentale del Carnevale: il passaggio, nel quale, con le dinamica degli spazi liminali, si ravvisano le componenti socio-simboliche istituzionali del rovesciamento. Per definire il Carnevale sotto questo punto di vista occorre sondare le sue origini storiche e la sua collocazione temporale: esso è una festa, erede dei saturnali e dei lupercali romani, connessa, come si comprede anche dalla più nota etimologia (Carnevale da carnem levare), al periodo della Quaresima. Al calendario pasquale e al significato stesso della festività di Pasqua il Carnevale è, come vedremo, intimamente connesso nei secoli cristiani del Medioevo. Si tratta, come fa notare V. Turner, di una festa mobile che “fa parte di un calendario cosmologico separato dal tempo storico ordinario”. Ogni festa, in effetti, si pone con la categoria del tempo in fondamentale rapporto. Il carnevale, “sorta di liberazione temporanea della verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici...era l’autentica festa del Tempo del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento.”Il carnevale medievale è come tutte quelle feste che “ in tutte le fasi di evoluzione storica sono state legate a periodi di crisi, di svolta, nella vita della natura, della società e dell’uomo. Il morire, il rinascere, l’avvicendarsi e il rinnovarsi sono sempre stati elementi dominanti nella percezione festosa del mondo”.

Nessun commento: