mercoledì 28 maggio 2008

Lo sguardo: definizione, sinonimi, contrari


di Serena Mola

Scrivere sullo sguardo nell’era dell’immagine, mistificata e mortificata, abusata e scontata, vista e subito dimenticata non è cosa facile, anzi ardua e potenzialmente poco fruttuosa, in quanto puntellata in ogni dove da insidie moralistiche, da sottese trappole banalizzanti e quant’altro. Proprio per questo, programmaticamente si vuole qui proporre un “Non ci sono più le mezze stagioni” calato proprio sul tema dello sguardo, un “si stava meglio quando si stava peggio” che fa tesoro di alcune tra le più importanti esperienze letterarie ed artistiche dal Medioevo ad oggi: tutto questo col solo scopo di rinfrescare un po’ la memoria e perché no, di allontanarsi dalle immagini patinate o insanguinate da cui già siamo oberati, lo si voglia o no.

Il gioco è semplice, basta aprire il vocabolario, anzi i vocabolari e lasciarsi trasportare dal potere evocativo che, strano ma vero, anche le asettiche definizioni lemmatiche e i suggerimenti sinonimici recano in sé a chi solo sappia, non a caso, guardare oltre la classificazione enciclopedica, la tassonomia grammaticale, la rigida distribuzione alfabetica.

Si aprono così quattro strade legate all’esplorazione verbale che si fa subito retrospezione storica, culturale e letteraria.

La primissima definizione parla di sguardo come di Atto del guardare: interessante l’impiego della parola Atto, che imprime a questa abitudine ormai automatica e inconsapevole un carico di intenzionalità. La pratica dell’osservazione viene così risarcita e nobilitata, quasi a rendere omaggio, secoli e secoli dopo, ad un’ epoca in cui lo sguardo era una tra le manifestazioni relazionali più ambite e più preziose, se non la più preziosa. Lo Stilnovo. Guinizzelli scriveva, a metà ‘200, Lo vostro bel saluto e’l gentil sguardo: gli occhi in questione erano ovviamente quelli della donna amata, che se solo rivolti al poeta lo conquistavano, infliggendogli dolorose pene d’amore, rendendolo schiavo della donna (non dimentichiamo, domina).

La stessa preziosità e, declinata diversamente, la stessa drammaticità torneranno sei secoli dopo, non si è più a Bologna ma nella Parigi appena consacrata a metropoli. L’io lirico questa volta è Charles Baudelaire, la donna ugualmente sconosciuta, è una passante, un atomo della folla. Da questa la fascinosa presenza femminile emerge per il tempo di un amore non al primo -come lo era stato quello guinizelliano- ma all’ultimo sguardo, e da cui, un istante dopo, è anonimamente reinghiottita. Il potere dello sguardo è però identico, è un incantesimo istantaneo che dà, e nel medesimo momento toglie la vita all’innamorato: dans un oeil…la douceur qui fascine et le plaisir qui tue.

Oltre alla preziosità, quindi, in questo primo excursus non si può trascurare un’altra caratteristica dello sguardo, che, in effetti, è suggerita dalla seconda definizione del dizionario, la fulmineità. Al n. 2 si legge infatti: occhiata, a prima vista, subito.

Se invece si passa al n. 3, il panorama cambia completamente, in quanto la definizione recita: occhiata che esprime uno stato d’animo. La componente emotiva appena annunciata ci allontana dal sentimento amoroso, già ampiamente vagliato, e ci conduce invece verso due esperienze lontane, cronologicamente e culturalmente, ma animate dalla stessa tensione intellettuale, dalla stessa forza poetica, immaginifica e creativa: da un lato evochiamo lo sguardo del Don Chisciotte, che ha il potere di trasfigurare la realtà che lo circonda, di vedere nei mulini a vento avversari valorosi da combattere e in una massaia qualunque la principesca Dulcinea, dall’altro uno sguardo castrato, impedito, quello del Leopardi costretto dietro la siepe. Nel primo caso la vista è immaginata, nel secondo solo immaginabile, ma in entrambi è come, e più, che se fosse vera.

La terza tappa, dettata questa volta dal ricorso alla sinonimia, ci fa pensare alla degenerazione voyeuristica e morbosa dello sguardo, in riferimento ai suggerimenti: guardata, sbirciata. A questo proposito gli esempi (in prima istanza televisivi), molto meno nobili dei precedenti si potrebbero davvero sprecare, invece vogliamo citare Étant donnés, un’opera di Marcel Duchamp costituita solo apparentemente da una portone in legno ma che, invece, è stata definita “un apparecchio per sbirciare immagini”. Da due forellini si osserva infatti un vano, che a sua volta fa da appendice ad un'altra stanza con una specie di finestra. Al di là dell'apertura del muro, distesa su un mucchio di ramoscelli, si intravede una donna nuda, che regge con un braccio una piccola lampada a gas accesa, mentre sullo sfondo illuminato da una luce fioca, si delinea una visione esatta e reale di un suggestivo paesaggio naturalistico.

Infine i contrari; anche se il dizionario in questo caso non dà alcuna indicazione, si può comunque pensare l’opposto dello sguardo come cecità, e dedicare queste ultime parole alla cecità mitica di Tiresia. Egli infatti la ricevette come sorta di pena di contrappasso proprio per essersi concesso un diletto voyeuristico. A tale punizione però venne accordata una sorta di attenuante, o aggravante secondo i punti di vista: persa la vista “sensoriale”, acquisitò quella profetica, oracolare.

Si dice che il gioco è bello quando è corto, quindi lo smettiamo prima che stufi: le definizioni del dizionario sono finite, così anche questi spunti.

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