mercoledì 28 maggio 2008

Voyeurismo tattile: riflessioni intorno allo sguardo che tocca, a partire da Voyeurismo tattile, un’estetica dei valori tattili e visivi di Maddalena

di Alessia Gennari

Voyeurismo tattile, ossia, quando lo sguardo impalpabile perde la sua dimensione immateriale e si fa tocco, contatto, coinvolgimento e piena compenetrazione. Quando la fruizione cessa di essere una distanziata “visione” e diventa un palpeggiamento spinto ai limiti del lecito. Quando l’arte si lascia penetrare e “tocca”, attraverso gli occhi, ogni fibra del corpo di colui che osserva.

Il “voyeurismo tattile” come categoria della fruizione artistica contemporanea è la tesi esposta da Maddalena Mazzocut- Mis nel suo saggio Voyeurismo tattile, un’estetica dei valori tattili e visivi, pubblicato da Il Melangolo nel 2002. In esso, l’autrice compie un percorso attraverso l’arte contemporanea, in particolare di tipo “performativo”, alla ricerca di una risposta alla domanda se si possa ancora o meno parlare di arte, nel nostro tempo. La risposta, scontata, è che l’arte è certo ancora viva e che ciò che è mutato non è tanto (o soltanto) il paradigma estetico, quanto quello fruitivo.

La riflessione dell’autrice si avvale di un apparato teorico importante, che fa riferimento all’estetica, in particolare settecentesca, e alle teorie relative alle relazioni intercorrenti tra i due sensi messi in gioco: tatto e vista. Prima tappa, la disamina della nota questione sollevata da William Molyneux nel 1693, che aprì uno dei maggiori dibattiti della storia della filosofia (ancora oggi irrisolto): un cieco che abbia appreso a distinguere, servendosi del tatto, una sfera dal cubo, potrà, una volta risanato, distinguere le due forme avvalendosi della sola vista? Sono vista e tatto, dunque, organi complementari o ciascuno di essi agisce sopraffacendo le capacità cognitive dell’altro? Se per il cieco si può parlare, infatti, di una dittatura del tatto che, nei casi di guarigione dalla cecità, rende spesso difficile, se non impossibile, l’adattamento al funzionamento del senso della vista, nel mondo dei vedenti esiste viceversa un predominio della vista sugli altri sensi, prossimi piuttosto alla fisicità e dunque posti nel gradino più basso della gerarchia. E se la vista dialoga con la bellezza, anzi, ne è il senso preposto, al tatto è piuttosto affidata la gestione dei rapporti con il disgustoso, una sensazione ben più fisica che speculativa.

L’arte contemporanea arriva a questo punto a riscattare il tatto. Trionfano i corpi con la loro nudità, le loro sezioni esibite, i loro liquidi (sangue, lacrime, sperma, sudore), i loro miasmi, sensazioni, dolori, orrori. Trionfa la fisicità (intesa come volume, peso, dimensione) e trionfa una fruizione della vicinanza (quella del tocco), a discapito della lontananza imposta dallo sguardo. Al tatto viene restituita dignità cognitiva e non solo: più autentico della vista fallace, solo attraverso il tatto si coglie la veridicità della realtà fisica. Non che l’arte contemporanea sia da toccare, invece che da vedere. È la vista, piuttosto, a inglobare in se le peculiarità della fruizione tattile: la vicinanza, il contatto e, soprattutto, la parzialità.

La fruizione dell’arte contemporanea è infatti una fruizione “nel dettaglio”: si osservano parti, particolari, settori, lo sguardo agisce come una mano che sonda in progressione le superfici senza poterne cogliere l’interezza. Una visione dettagliata, dunque, che indugia sul particolare scabroso, in maniera voyeuristica: la morbosità non è solo legittimata, ma addirittura richiesta, la sfera del privato e dell’intimo entrano prepotentemente nell’occhio dello spettatore, che non può far altro che toccare, non già “con mano”, ma piuttosto “con occhio”, l’oggetto vivisezionato davanti ai suoi occhi. E proprio in tale “parcellizzazione” sta il segreto della fruizione: possiamo sopportare certe espressioni dell’arte contemporanea, le più estreme e dolorose, solo perché le affrontiamo “a tentoni”, tastando qua e là con lo sguardo e sperimentando singolarmente sensi, emozioni, passioni.

Diverso dalla semplice modalità tattile, che pure va riscattata e va riconsiderata nel suo ruolo di “parente povera della vista”, diverso anche dalla semplice modalità aptica, il tattile-voyeuristico coniuga il palpare con l’occhio , la modalità di fruizione progressiva e parcellizzata, con un atteggiamento di partecipazione differenziata dei sensi, con un coinvolgimento fisiologico che viene richiesto dalla stessa rappresentazione.1

Per un’arte da toccare con gli occhi.

1 Mazzocut- Mis, M., Voyeurismo tattile, un’estetica dei valori tattili e visivi, Il Melangolo, Genova 2002.

Nessun commento: