mercoledì 28 maggio 2008

L'EUROPA DEI TEATRI

di Sisto Dalla Palma (testo raccolto da Ida Senoner)

Quando penso all'Europa penso a un sogno mancato, un orizzonte dove non riusciamo ad arrivare ad un reale coinvolgimento, come se l’Italia fosse un “enclave” separata e distinta dal resto dell’Europa. Del resto anche in Europa, alcune scelte di fondo diventano competenza delle grandi burocrazie. Io credo, per non essere astratto o genericamente negativo su questo assetto, che il punto di riferimento che dobbiamo avere in mente è quello di un paese dove il teatro conta veramente e dove il teatro si fa, si fa in misura nuova, forte onnipervasiva nella società con la capacità di aderire realmente ai bisogni. Mi pare che questo sia tutto sommato il modello anglosassone in cui sempre e storicamente si é cercato di mettere un muro fra la politica e la cultura e di garantire l’autonomia della cultura e del teatro.

Attraverso il circuito internazionale noi abbiamo immesso i momenti più significativi della nostra produzione, in particolare quella di Emma Dante, da “Carnezzeria” a “Cani di Bancata” alla “Scimia” che ha girato in Francia, in Spagna, in Olanda ma anche nell’America del Sud. In ogni caso mi pare che i collegamenti internazionali dimostrano non solo che ci sono spazi all’estero di tutta consistenza, ma che in alcuni casi è più facile stare all’estero, fuori delle combinazioni delle logiche degli scambi e muovendosi in una prospettiva di assoluta autonomia delle opzioni culturali ed artistiche dei vari direttori

Tutte le nostre produzioni (e sto parlando di un numero che sta fra i sette, otto-nove, nell’arco di due anni), sono tutte drammaturgie contemporanee. Questo é un elemento di classificazione un po’ estrinseco. Direi che siamo meno interessati all’autonomia del testo, della letteratura drammatica e più a lavori teatrali che siano espressione di una drammaturgia di gruppo e di un ensemble. Questo per esempio nel caso di Emma Dante, mi pare che risulti con assoluta evidenza. Ma oltre a Emma Dante noi abbiamo presentato Autelli, abbiamo presentato Facchetti, abbiamo lavorato con Mimmo Sorrentino, il quale è stato presente non con un testo generico, ma sviluppando una drammaturgia collettiva muovendo dalle scuole dei problemi reali dei ragazzi. E questo è un discorso che dovrebbe essere preso in considerazione, perché supera la vecchia logica dell’autore chiuso nella sua vecchia torre d’avorio, nella sua officina letteraria per predisporre i testi, ma si muove piuttosto in una direzione di una rete di rapporti di relazioni in cui il territorio fornisce alla drammaturgia e al teatro dei vissuti su cui lavorare e trasformare e portare a rappresentazione.

A sua volta il teatro è in grado di irrompere nel territorio, restituendo emozioni, vissuti, valori, attese, problemi che il territorio, la scuola abbiano l’animo di manifestare. Da questo punto di vista noi stiamo proprio lavorando su un progetto di formazione per attori, artisti nel campo del teatro sociale che siano in grado di intercettare questi vissuti e che si mettano nella prospettiva del lavoro di gruppo e del teatro sociale.

Ma quello che è possibile è costruire un soggetto di scrittura collettiva capace di raccordarsi immediatamente alle realtà di base.

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